mi prenoto per rispondere a breve
wow non ho ancora risposto ed ho già due pollici in sù..quasi quasi non aggiungerei niente
Anyway..mi sono prenotato quindi..
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Il valore intrinseco delle feste è sempre quello: una forma rituale collettiva per esorcizzare i problemi e fugare le paure, su i bicchieri giù i pensieri insomma. Ovviamente le forme di esorcismo sono variate nel tempo e sono diverse da luogo a luogo, salvo bizzarre chimere dovute per ovvi motivi di commistione: due diverse culture che convivono su uno stesso territorio finiranno per creare nuovi ibridi, vuoi per esigenze di convivenza vuoi per quelle di condivisione o per volontà di potenza, di imposizione (le esigenze e i motivi possono essere tanti).
Meglio di me poi saprai come il contesto storico culturale (in cui la condizione economica è rilevante più di ogni altra) contribuisca ad arricchire di significati e valori determinate usanze, così come a depauperarle delle stesse.
Così è stato anche per il Natale quando fu ammessa e istituzionalizzata la religione cristiana nell' impero romano dagli editti di Costantino e Teodosio. Il culto della nascita di Cristo venne a sovrapporsi al culto del Sol invictus, culto tipicamente mitraico con similitudini non di poco conto con altre tradizioni religiose contemporanee (l' impero romano era immenso): la vergine Kore che partorisce in una grotta la luce, rappresentata da un infante (Aion), che sconfiggerà le tenebre.
Ovviamente la tradizione cristiana, forte della sua ufficializzazione ha prevalso imponendosi su altri culti e nel tempo il natale poi si è arricchito di una serie di valenze e significati tipicamente cristiani diventando messaggio di speranza a rappresentanza di una ciclica rivalsa della luce sulle tenebre. E dato che nella sua verginale intenzione il cristianesimo si rivolege con messaggi di speranza ai meno agiati e più bisognosi è normale che il natale diviene momento non solo di ricordo celebrativo, a mò di un mero compleanno, ma anche e soprattutto momento di speranza, riflessione e carità..momento in cui il messaggio cristiano dovrebbe arrivare al suo apice insomma, dopo ovviamente un costante percorso durante tutto l' anno.
In realtà infatti non si chiede nessuna forma di idolatria, nessun capretto da sacrificare all' altare. Eppure le evoluzioni (o involuzioni) di questa ricorrenza sono dinanzi agli occhi di tutti. L' ipocrisia è palpabile a pelle, in primis del cristiano stesso..il quale, figlio del tempo dell' industria e del consumo nonché di una cultura scientista, non può che ancora una volta sovrapporre culti diversi in una medesima ricorrenza. Il culto del dio denaro, quello dell' ego e quello dell' ormai deformato rappresentante della luce divenuto solo un valido pretesto per lo scambio di formalità a cui non crede più quasi nessuno. Ed ecco allora che mi stupisce non vedere nel presepe anche le renne e babbo natale accanto al bue, all' asinello e ai re magi. Lasciando da parte gli atei che hanno i loro buoni motivi per non festeggiare o quantomeno non credere nel valore di questa festa quelli che preoccupano sono quelli che pur professandosi cristiani, di cristiano hanno solo la nomenclatura.
Per tornare dunque alla domanda principale e ricollegarmi a quanto detto in partenza, ci troviamo ora in una fase storico-culturale di disillusione generale in cui i riti di esorcismo tradizionalmente condivisi nel corso dei secoli non sono più sufficienti a contrastare la generale tendenza alla voluptas dolendi autodistruttiva. Il nichilismo ha ormai svuotato di qualsiasi valenza ogni vecchia forma rituale di simil stampo natalizio, mantenendo intatte però le apparenze sotto le quali si cela.